La statua del poeta

È seduto su un podio con le gambe incrociate. Se la mano sinistra si posa su un libro, il mento si appoggia sulla destra che regge alto il volto, «punto focale dove converge l'attenzione dell'osservatore.

Il viso è un ritratto definito, mentre le vesti, scivolano, sfumano. Lo sguardo è rivolto lontano, in un punto imprecisato; l'espressione è assorta, vigile, concentrata, accigliata» (Laura Simbula). Vero è che proprio nella testa – a giudizio di Ettore Cozzani – Bistolfi ha concentrato «la forza rivelatrice del carattere» di Carducci, i tratti più salienti della sua personalità di uomo, studioso, maestro: la passione e la forza, certa sua ruvidezza e scontrosità, la severità e il rigore, ma anche una profonda malinconia.

Fra gli autori di riferimento emerge il Penseur (1880-1904) di Auguste Rodin, sebbene le divergenze fra le due statue non siano poche a giudizio dei critici che hanno indicato nel Buonarroti, genio ispiratore dello scultore francese (dunque oltre Rodin ma pure attraverso la sua lezione), il referente di Bistolfi che, proprio in quegli anni, dallo stile liberty-floreale approdava a una fase eroico-michelangiolesca.