Lo studio

copertina di Lo studio

Siamo entrati nel luogo più vissuto dal padrone di casa, la stanza in cui ha trascorso gran parte delle sue giornate, in compagnia degli amici più fidati: i suoi libri e le sue carte.

Nello studio-officina sono identificabili raggruppamenti librari omogenei. Le scansie dietro il tavolo da lavoro ospitano i volumi più compulsati: le storie letterarie d'Italia del Settecento (Francesco Saverio Quadrio, Giovan Mario Crescimbeni) e dell'Ottocento (Paolo Emiliani Giudici, Alessandro D'Ancona, De Gubernatis, Bartoli e Sanesi); Dante (specie la Commedia) in edizioni annotate dell'Ottocento e dei primi anni del secolo passato (Tommaseo, Scartazzini, Casini, Del Lungo, Barbi, Giuliani). Dante figura inoltre nei commenti quattrocenteschi e cinquecenteschi (Landino, Vellutello) riposti nei ripiani della libreria Impero, vero e proprio sancta sanctorum, contenitore della collezione di manoscritti non carducciani e delle edizioni più rare e antiche, dei classici del Trecento, del Quattrocento e del Cinquecento: da Petrarca (con i commenti di Antonio da Tempo, Francesco Filelfo e nelle esposizioni integrali di Ludovico Dolce, Bernardino Daniello, Andrea Gesualdo) a Boccaccio, da Pontano a Bembo, da Ariosto a Tasso, dal Casa a Doni, da Annibal Caro a Gabriello Chiabrera.
Non meno rappresentate (nei due scaffali dietro il caminetto) la prosa degli storici e dei moralisti del XVI secolo con Machiavelli, Guicciardini, Della Casa, Gelli, nonché quella scientifica del XVII secolo con Galilei, Redi e Magalotti. Altri nuclei: le opere di consultazione (vocabolari, glossari, enciclopedie, repertori vari) nel bancone che funge da libreria e nelle étagères ai lati e vicino allo scrittoio. La parete destra è interamente occupata dalle grandi collane dei classici latini («Didot» e «Lemaire»), mentre gli autori italiani sono presenti nelle collezioni della milanese «Società tipografica de'classici», nella «Diamante» di Gaspero Barbèra, nella «Collezione di opere inedite e rare» promossa dalla Commissione per i Testi di Lingua.

L'ampio ambiente accoglie un insieme variegato di manufatti (fotografie, medaglie e pergamene, attestati e cimeli) che rievocano episodi salienti della biografia sentimentale ed intellettuale di Giosue Carducci. Fra i ritratti, al posto d'onore, sopra la libreria Secondo Impero, quello di Margherita di Savoia (1851-1926). L'alcova centrale del mobile si fregia inoltre di un ritratto di Dante, mentre nella parete destra a chi entra «grande, austero, immoto appare» (Giambi ed epodi), Giuseppe Mazzini. Ricca è la galleria dei ritratti: fra gli altri, di Victor Hugo, Friedrich Schiller, Goethe. Altri reperti iconografici (alcuni con dedica) sono allineati sul banco che funge da libreria, dove il volto del barone Bildt, in elegante cornice Liberty evoca il conferimento del Premio Nobel per la letteratura a Carducci nel 1906, mentre varie medaglie esibisce un medagliere, tipico esempio di mobile eclettico neo rinascimentale, dono di Jessie White a Carducci. Busti di Carducci adornano la sala: quello di Paolo Testi, il busto modellato nel 1902 da Emanuele Rosales. Ma il ritratto che il poeta ebbe senz'altro più caro è l'effigie in bronzo scolpita dall'amico Adriano Cecioni. Alle finestre le stores in taffetas di seta con motivi floreali esotici. Sul tavolo da lavoro ricoperto di tela americana si trovano gli strumenti del «grande artiere» (penne, calamai, scodellini per poverino, nettapenne ...). Spicca, fra i fermacarte, un cagnolino in terrcacotta modellato da Adriano Cecioni, vicino è un cofanetto con le penne d'oca utilizzate da Carducci quando era infermo. Fra le curiosità, una mattonella in legno (quebrachoper la pavimentazione a Roma di Piazza della Rotonda davanti al Pantheon, omaggio del sindaco di Buenos Aires alla Città Eterna nel 1905. E, dietro il mobile-medagliere, al muro, un brano della tunica di Petrarca incorniciato, dono del biografo del poeta, Carlo Leoni, ad Alberto Mario, donato quindi dalla moglie Jessie, nel 1898, a Carducci e a Severino Ferrari.